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LA CONTRAPPOSIZIONE

competizioneLa via del saggio è agire, ma non competere. Lao Tzu

Qualunque forma di energia nasce dalla contrapposizione. Nessuna contrapposizione, nessuna energia. Tu contrapponi la trave alla colonna per creare un tetto e riparo e le due generano una forza. Contrapponi una ruota all’acqua per creare movimento e nuovamente ottieni forza ed energia. La contrapposizione crea forme di energia che possono essere sfruttate e che sono giuste e lecite nella misura in cui agevolano la vita. Quando si contrappone inevitabilmente si mettono in competizione due soggetti che scontrandosi e cercando di vincersi creano energia e forza.

Ma una volta ottenute le forme di contrapposizione necessarie al bisogno che altro motivo c’è di creare contrapposizione e competizione?

Un motivo c’è. Si chiama dominio e si manifesta quando si mette in contrapposizione o in competizione la gente, i gruppi, le nazioni le une contro le altre. Chi ne trae beneficio? Ovviamente chi crea la competizione e non certo chi vi partecipa. La ruota non trae alcun beneficio dalla competizione con l’acqua, il mugnaio si.

Chi è dunque il mugnaio che mette in competizione costante la gente? Competizione economica, competizione per il lavoro, competizione per il possesso, competizione per i diritti. Il mugnaio ha fatto credere che si debba lottare e competere per avere, ma questo è falso. Semmai si deve agire, non competere.

I tuoi spazi sereni sono forse frutto di competizione? Competi con tuo figlio o con tua moglie? Competi con il musicista con cui suoni? Con l’attore che assieme a te da vita allo spettacolo? Certo che no. Con loro crei, non competi.

Pensaci quando qualcuno cercherà di convincerti che devi competere, che la tua azienda deve competere, che la tua nazione deve competere e sii certo di una cosa. Potrai solo scegliere a quel punto se essere l’acqua o la ruota, la colonna o la trave, ma non potrai scegliere altro e soprattutto non sarai più libero.

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TEORIA POST CAOS

imagesCAOFVLUN“Quale follia poteva aver colto l’autore di tale confusione? E soprattutto, chi era l’autore? Queste domande sembravano interessanti, ma alla prova dei fatti, le risposte non avrebbero messo a posto le cose. Non è che conoscendo il nome di chi ha rotto il vaso e anche la motivazione, il vaso si aggiusta. Forse era un dio di qualche tipo, forse no, non era importante. La cosa importante era fare un poco d’ordine. C’erano pezzi ovunque, sparsi in ogni angolo. Iniziammo a cercare un modo per rimettere assieme i pezzi in un’unica macchina. Sembrava evidente che si trattasse di pezzi di una macchina, anche se non era dato sapere lo scopo della macchina. L’idea era che una volta assemblata e messa in moto si avrebbero avute le risposte adeguate. Ci furono diversi tentativi per assemblarla. Ogni tentativo falli. I pezzi furono spostati, girati, agganciati nei modi più disparati ma nessun metodo sembrava essere quello giusto. Qualcuno disse che solo l’autore poteva conoscere la macchina e il suo uso e che la sua volontà era imperscrutabile, ma dell’autore non vi era traccia. Non aveva lasciato indizi, solo pezzi a cui non si trovava collocazione. Alcuni se accostati si respingevano, alcuni altri sembrava potessero funzionare assieme a volte per poco a volte in modo stabile.

Alla fine si scopri che l’errore fondamentale era stato considerare l’esistenza di UNA sola macchina, mentre invece si trattava di DIVERSE macchine, diverse per numero e per produzione. Alcune producevano solo veleni, altre producevano solo rumore, altre ancora producevano cose utili.

La soluzione fu quindi di suddividere e separare i pezzi e tenere separate le macchine. Questa soluzione non fu facile da prendere, una parte diceva che l’autore aveva concepito ogni pezzo come parte di un’unica macchina dato che i pezzi si trovavano tutti in un unico luogo e che nessuno aveva il diritto di giudicare un pezzo in modo diverso da un altro. Ovviamente tale teoria non portava a nulla di buono e tra i mugugni di alcuni fu abbandonata. A dire il vero una soluzione simile era stata tentata precedentemente separando i pezzi per colore e per forma, i pezzi neri da una parte i bianchi da un’altra, i rossi i gialli e via via gli altri colori, ma non aveva funzionato. Si scopri che la suddivisione andava fatta usando un altro parametro.

Ora le cose funzionano. Abbiamo messo la macchina dei veleni in un posto ben protetto e l’abbiamo spenta dato che si è notato che questa macchina e anche i singoli pezzi che la compongono riuscivano a influenzare tutti gli altri pezzi e le altre macchine rendendo scadente il loro prodotto. La macchina dei rumori è stata modificata e ora emette suoni musicali”.

Questo breve racconto potrebbe essere il nostro racconto. Forse l’idea che tutte le persone debbano avere pari diritti e pari opportunità è un idea sbagliata. Forse l’idea che siamo tutti uguali è sbagliata. Sicuramente è sbagliata la suddivisione per colori, religioni, provenienze. Forse la suddivisione è un’altra. L’amore e l’interesse per il prossimo potrebbe essere un ottimo parametro.

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Ogni sistema, e in breve ogni cosa, esiste nella misura in cui si generano fluttuazioni fra le varie componenti. Le componenti per così dire “respirano” aumentando e diminuendo il loro potenziale e questo “respiro” produce un potenziale energetico e da vita a una nuova creazione.

Meno e più che costantemente si scontrano generando un nuovo fattore. Così abbiamo il calore, così abbiamo il vento, così abbiamo l’energia, ma non tutte le creazioni sono necessarie o desiderate.

L’inquinamento non lo è, eppure è anch’esso una creazione. La guerra non lo è. La malattia non lo è e la crisi neppure.

Quando si hanno attività che basano il loro prosperare sul fatto che si generi costantemente inquinamento, guerra, malattia e crisi, al fine di vendere le varie soluzioni e rimedi, si hanno anche sistemi nocivi e qualunque attività che li mantenga in vita è un’attività nociva in modo indiretto.

Nessuna casa farmaceutica esisterebbe se non proliferassero le malattie, eppure è uno dei cartelli più potenti al mondo. Nessuna azienda di armi esisterebbe se non proliferassero le guerre, eppure si tratta del secondo cartello mondiale come volume di affari e ricchezza. Ognuno di questi sistemi ha come cardine il fatto di creare costantemente il problema. Senza problema non avrebbero motivo di esistere.

Il sistema finanziario mondiale, dalle banche alle borse fino alle assicurazioni ha il suo cardine nella crisi. Senza crisi non potrebbero esistere. Causare una crisi, ovvero un più e meno di valuta e di conseguenza di beni, è l’unico modo nel quale si possa generare potenziale.

La regola è universale ma non per questo l’uso della regola per generare “qualunque schifezza” può o deve essere tollerata. Qualunque soluzione che non contempli il bando del sistema finanziario è una soluzione destinata, nel migliore dei casi, a fallire nel medio termine, come la storia dimostra.

Probabilmente senza crisi non ci sarebbero motivi per una guerra. Probabilmente senza crisi le persone si ammalerebbero meno. Probabilmente senza crisi e senza la possibilità di creare denaro dal denaro ma solo attraverso la produzione di beni necessari e non inquinanti l’inquinamento cesserebbe.

Per questo motivo il sistema finanziario deve essere bandito. Genera troppe schifezze.

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Questi sono i due termini che guidano ogni singola azione nell’ambito economico finanziario e sono giunti ormai da anni ad avere un posto privilegiato nel pensiero della gente.

La definizione di concorrenza è interessante: Competizione tra persone (o aziende) che tendono al medesimo obiettivo e i suoi sinonimi e contrari lo sono altrettanto.

Sinonimi: antagonismo, competizione, emulazione, rivalità || Vedi anche: confronto, gara, lotta, sfida Contrari: alleanza || V. anche accordo, convenzione, intesa, patto, trattato

Ora io mi chiedo, dato che l’ambizione dichiarata di ogni persona è la felicità, e tale ambizione affonda le sue radici proprio nelle alleanze e nell’accordo, perché mai si deve essere in concorrenza con altre persone?

Un breve ragionamento mi porta a riflettere sul fatto che la felicità è un’ambizione che una persona si può permettere solo a patto che non vi siano necessità primarie impellenti. In presenza di necessità impellenti e primarie l’ambizione naturale è quella di sopravvivere. Una volta assicurata la sopravvivenza la persona tende al miglioramento ricercando la felicità, non prima.

i concetti di concorrenza e competitività tendono a mantenere costantemente vivo il problema della sopravvivenza in quanto creano costantemente un avversario.

Qualcuno vince, qualcuno perde e alimentando costantemente questo gioco non vi sarà MAI l’opportunità di ambire alla felicità in quanto l’uno è l’esatto opposto dell’altro.

La definizione di felicità è: Condizione di letizia, gioia, di soddisfazione e questi sono i sinonimi e contrari.

Sinonimi: allegria, beatitudine, dolcezza, contentezza, gioia, godimento, piacere, delizia, estasi, appagamento, fortuna, gaudio, letizia

Contrari: afflizione, avversità, calvario, crisi, dannazione, dispiacere, dolore, infelicità, depressione, mestizia, cruccio, apatia, disinteresse, delusione, disillusione, malinconia, malumore, pena, sfortuna, tristezza

Queste ultime a me sembra proprio l’elenco della situazione attuale, emozioni o stati d’animo che ogni persona prova nei confronti dell’ambiente e in genere di ciò che la circonda.

Più si cercherà di competere ed essere in concorrenza e più queste cose si manifesteranno.

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SUCCESSO E POTERE

Trova una persona che abbia successo e potere, poi chiedigli come dovresti fare per ottenerle a tua volta. In risposta riceverai delle regole, ma se conosci la persona, scoprirai che lei non le usa. Se il suo successo e il suo potere non fossero legati al fatto di averti come seguace (fosse anche solo per acquistare un suo prodotto) forse ti direbbe la verità. Ti direbbe che non devi dipendere da nessuno e che non devi avere sensi di colpa per le tue azioni.

In questa affermazione, che sviluppo su gentile consiglio di Tony, si intrecciano tre punti che meritano un approfondimento. Il primo riguarda le regole ed è un consiglio diretto a chiunque debba spiegare concetti o a chiunque li voglia imparare.

REGOLE E ABILITA’

Ti è mai capitato di voler imparare a fare qualcosa, di cercare qualcuno che avesse scritto il modo di farlo e di leggere le regole che costui aveva scritto? Scommetto che non sempre ci sei riuscito. Voglio farti notare che, ogni volta in cui si trattava di “fare” qualcosa, di ottenere un risultato prevedibile, concreto, ammesso che la regola fosse scritta bene, ci sei riuscito, mentre ogni volta che si trattava di “sviluppare un’abilità” ti sei trovato in difficoltà.

Ebbene, devi sapere una cosa. Non c’è altro modo per tentare di insegnare un’abilità, se non quello di “verbalizzarla” o “mostrarla”.

Mostrarla non è sempre possibile e comunque anche potendo “vedere”, vedresti solo “gesti” il che non è molto diverso che leggere “regole” anche se indubbiamente è più pratico.

L’abilità di creare ricette è una cosa molto diversa dal realizzare una determinata ricetta. L’abilità di creare una canzone è una cosa molto diversa dal suonare una determinata canzone. L’abilità di aiutare qualcuno è una cosa molto diversa dall’aiutarlo in una determinata cosa. Eppure, tanto il trasferimento di come fare una determinata ricetta, quanto il tentativo di insegnare l’abilità di crearne a piacimento, passano attraverso la comunicazione, diretta o scritta, visiva o registrata.

Un’abilità s’insegna tramite regole ma non s’impara tramite regole. Chi la insegna non ha scelta, ma tu che la impari la scelta l’hai. Puoi cercare di applicare le regole oppure cercare di comprendere perché tali regole furono scritte. L’abilità di creare in qualunque soggetto, è frutto della comprensione dei fondamenti del soggetto stesso.

Noterai con una certa sorpresa che chiunque desideri insegnarti un’abilità creativa, ti insegnerà regole che lui stesso non usa o non usa in quel modo. Non potrebbe fare altrimenti. Un maestro di arti marziali, creatore di una nuova arte, disse una volta,  “prima di conoscere il Kung Fu credevo che un pugno fosse solo un pugno. Mentre imparavo il Kung Fu scoprii che un pugno non è solo un pugno. Ora che conosco a fondo il Kung Fu posso affermare con assoluta certezza che un pugno è solo un pugno.  Egli dovette imparare tramite regole, ma solo quando andò oltre comprese l’essenza e fu in grado di creare. Le regole servono per imparare cose meccaniche, non abilità creative, ma non c’è altro modo per provare a insegnarle.

Tuttavia esiste un modo, o una regola se preferisci, che ti può aiutare. Quando ti appresti a imparare un’abilità creativa, che come tale non ha mai lo stesso scenario e/o gli stessi elementi, puoi chiederti “perché”.

Prima leggi le regole e i consigli e poi chiediti “perché”. Perché proprio quei consigli, perché proprio quelle regole, perché proprio quella sequenza. Cerca di comprendere cosa c’è dietro. L’essenza del pensiero dal quale quelle regole provengono.

Immagina una linea retta. Una linea che parte dal testo che stai leggendo e finisce contro qualcosa attorno a te. Diciamo che finisca contro il muro più vicino. Ecco quella è la rappresentazione di una regola. Qualcosa che viene espresso nel testo e che potrai applicare solo al muro e a null’altro. Ora immagina che dal testo si crei una sfera di energia. Il testo è al centro della sfera. Non hai più una linea, non hai più una direzione. Hai “ogni” direzione possibile a piacimento. Migliore è la comprensione, più grande è la sfera e più sono le cose che la sfera include e sulle quali puoi applicare la tua conoscenza. Questa è la rappresentazione della comprensione di un’abilità.

Per imparare un’abilità creativa devi considerare le regole solo come indizi per arrivare a comprendere ciò che l’altro non potrà mai insegnarti, in quanto essenza individuale.

Il secondo punto riguarda il fatto di dipendere da qualcuno

DIPENDERE E INFLUENZARE

In te due universi si fondono a tal punto da sembrare uno. Per recitare la tua parte hai bisogno di un teatro e di un ruolo e questa è l’aspetto  materiale della faccenda. Poi crei l’atmosfera, il pathos e dai vita alla rappresentazione e questo è l’aspetto immateriale. Se per recitare hai bisogno di “quel pubblico”, di “quel teatro” di “quel ruolo”, probabilmente sei dipendente e sei influenzato. Se invece non dipendi da “quei” fattori, allora puoi creare vestendo i panni di qualunque ruolo, su qualunque teatro e con qualunque pubblico, consapevole che sei tu a dare importanza al resto e non il resto a dare importanza a te. Come può avere successo e potere un attore che è talmente limitato da avere una sola parte, in un solo luogo alla mercé di un solo pubblico? Il cambio dello spettacolo, la rivisitazione della partitura, la chiusura del teatro o il mancato applauso diventano morte per un tale attore. Se dipendi da un altro per essere, allora non sei e per essere non devi avere “una” parte, in “un” teatro con “un” pubblico. Più ti aggrappi a queste cose, alle cose, ad ogni cosa e sempre più ottieni di essere schiavo con il successo ed il potere di uno schiavo.

Il terzo punto riguarda il fatto di non provare sensi di colpa per le tue azioni.

COLPA E RESPONSABILITA’

Immagina una linea infinita e immaginati sulla linea, un lato è il futuro, l’altro lato il passato, dove sei tu c’è il presente. Ora immagina di far cadere un vaso e di vederlo mentre si rompe. Nel momento in cui l’ultimo pezzetto tocca terra tu sei già più avanti e il vaso è nel passato. Se ti rammarichi (sentimento umano comprensibile) stai pensando al vaso del passato e provi una sensazione che si chiama colpa. Essendo nel passato non potrai fare nulla e rimarrai con il senso di colpa. Se invece pensi a come rimediare, pulire, rimettere assieme i pezzi e comprendere come è potuto accadere per fare in modo che non accada di nuovo, allora sei nel presente con un piede nel futuro e da li puoi agire. Questo è conosciuto come responsabilità.

Questo era il senso della prima affermazione che può indicare una persona nociva o una bella persona, indifferentemente, anche se io pensavo alla seconda e non alla prima. L’unica differenza è che la prima ottiene l’indipendenza attraverso strumenti materiali, e non ha sensi di colpa perché, incapace di amore, deve estirpare le emozioni per potersi svegliare ogni mattina.

La seconda invece ottiene l’indipendenza rifiutando il vincolo degli aspetti materiali, che usa ma che non venera e non prova sensi di colpa perché dagli errori che rimedia, impara. Questa persona non teme la perdita di nulla, anche se preferirebbe vedere le cose belle fare il loro corso invece che andarsene prematuramente e non teme l’azione anche se non ne compie di avventate (o almeno non spesso) in quanto sa che da essa, qualunque sia il risultato, può solo imparare.

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Non si tratta della suina, dell’aviaria, del vaiolo o della peste. La vera influenza da debellare è un’idea. Questa idea produce i suoi primi vagiti poco meno di 2000 anni fa quando vede la luce una nuova religione prendendo a prestito la struttura religiosa Egizia praticamente al 100%, a cui vennero però cambiati i nomi dei protagonisti, agganciandola in modo funambolico con l’antico testamento Ebraico nel tentativo di dimostrare vere le profezie in esso contenute. Con il passare dei secoli il tutto si è mantenuto saldamente su due binari, il potere da una parte, il peccato e il perdono dall’altra. Poco a poco, il timore del peccato e la necessità del perdono hanno privato le persone del potere, anche del potere di ragionamento, anzi soprattutto di quello.

Chi ha mantenuto il potere, Papi e Cardinali in testa, non ha mai avuto timore del peccato e non ha mai sentito la necessità di chiedere il perdono. Nonostante questo, il potere di ragionamento, anche del più bisognoso di perdono, non intaccava in alcun modo la capacità di analisi per qualunque cosa non fosse considerata un peccato. Se era peccato, la capacità di raziocinio andava in poltiglia, se non era peccato invece si manteneva in buone condizioni, cosa questa piuttosto ovvia direi. Costui, pur con le dovute lacune, capiva benissimo che le cose, gli animali, le piante, potevano cambiare il loro status e cessare di essere quello che erano, diventando qualcos’altro. Una casa poteva diventare un cumulo di macerie, un animale poteva trasformarsi da amico in nemico, una pianta poteva passare da commestibile a velenosa. In un caso venivano fatte determinate azioni, nell’altro caso venivano fatte azioni diverse.

Quando qualcosa cambiava la sua natura, passando da utile a inutile, lo si gettava. Quando da amico diventava nemico lo si abbatteva. Quando da buono passava a pericoloso lo si contrastava. È interessante notare come, un tempo, questa analisi includesse l’uomo che, cambiando il suo status, vedeva cambiato l’atteggiamento con cui veniva trattato. Un uomo inutile veniva “gettato”, se nemico, veniva “abbattuto” e quando pericoloso, veniva “contrastato”. Ovviamente ciò, anche in tempi apparentemente meno illuminati, era l’extrema ratio e non si faceva quella fine al minimo inghippo. Poi, trattare male l’uomo venne considerato sempre più peccato, poco alla volta sempre di più fino al punto che trattare “con amore e compassione” chiunque a maggior ragione se “inutile, nemico o pericoloso” venne considerato “la missione”, la via irta e cosparsa di sofferenza che, come compito, era assegnata in terra per guadagnarsi la vita da qualche altra parte.

Siamo nati con questa idea che “non si fa” perché ….. perché non si fa, perché …. non va bene. E anche un’analisi logica, che frantumi ogni dubbio, lascia sempre un assurdo senso di “peccato” nel trattare una persona con lo stesso metro con cui si tratta tutto il resto. Se per un attimo fossimo disposti a non sentirci peccatori più di quanto ci sentiamo peccatori schiacciando una zanzara o allontanando una vespa o buttando una sedia rotta, potremmo notare che l’uomo, unico nel regno, ha un potere che nessun altro ha. A differenza di ogni altra cosa, viva o meno, egli può essere cose diverse, fattore questo precluso alla tigre che non può essere che una tigre, buona o cattiva, per tutta la vita. Un uomo può diventare una bestia, può vivere come un vegetale, diventare arido come la pietra. Egli sceglie cosa essere, il resto delle cose no. Quindi a maggior ragione, se non scusiamo il resto per essere diventato inutile, dannoso o pericoloso, non dovremmo scusare l’uomo.

Maledetta influenza che ci fa sentire male a liberarci dal male.

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Mi è capitato ultimamente di leggere l’ennesimo post su FB scritto sul tema della crisi, dei valori, del sacrificio e della mancanza di responsabilità. Un post che trova la sua degna collocazione nella pattumiera colma di articoli di giornale, dichiarazione sui media e quant’altro, scritta da gente che mai in nessun caso ha lavorato un giorno in vita sua. Figli di papà, griffati fin dal pannolone, che fra una serata a Cortina e un viaggio alle Maldive hanno cercato di darsi un contegno riempiendosi la bocca di frasi e concetti talmente in antitesi con l’esperienza diretta da creare imbarazzo in ogni ascoltatore. Non tutti però sono figli di papà. Ci sono anche coloro che, lasciando morire i cani di fame e maltrattamenti, ne prendono il posto in istituzioni in cui i medesimi non potrebbero entrare. Cani ossequiosi che portano borse, preparano caffè, si sostituiscono alla carta igienica e  a comando abbaiano e ringhiano nei completi griffati, non pagati da un padre desideroso di togliersi il figlio imbecille dai coglioni onde salvaguardare azienda e capitali, ma pagati da papponi in cambio di servizi e servizietti che solo sub umani senza onore e amor proprio potrebbero svolgere.

Gente che riuscirebbe a far fallire un negozio in attivo e affermato, nel tempo in cui il vecchio proprietario prepara le valigie.

Senti da che pulpito viene da dire, ascoltando questa gente fare sfoggio di giri di parole vuote che non trovano appiglio in nessuna esperienza diretta. Falliti che nella migliore delle ipotesi hanno esperienze fallimentari alle spalle e nella peggiore non hanno esperienze alcuna.

Ci fu comunque un tempo in cui i figli di papà avevano genitori capaci. Persone che dal nulla avevano costruito attività di successo. Ci fu comunque un tempo in cui i cani da lecca erano al servizio di politici capaci che cercavano di creare un futuro per la nazione. Quel tempo è finito.

Ora i figli di papà hanno un figlio di papà come genitore. L’azienda nella maggior parte dei casi è gestita da prime linee capaci che assumono un potere impressionante. Lo si evince da frasi allucinanti tipo “non mi chieda come avviene il processo produttivo nella mia azienda, sono anni che non vado in produzione” dette da persone che nominalmente gestiscono imperi ma nei fatti non fanno altro che viaggiare da Cortina alle Maldive. Ora i cani da lecca si accovacciano ai piedi di ex cani da lecca che non creano più una nazione, ma un conto in banca, una festa privata.

Queste sono le persone che si presentano sui media. Che esprimono opinioni. Cani da lecca dei cani da lecca e figli di figli di papà. Queste persone non hanno alcuna possibilità di aiutare chi lavora e vive la vita vera. Ma al contrario possono essere aiutati. Si deve dare loro la possibilità di fare un’esperienza unica. Lavorare e vivere di ciò che creano di buono. Toglierli da dove sono, togliere loro ogni benefit e farli lavorare in fabbrica, nei campi. Dopo qualche anno, se ancora avranno voglia e forza di esprimere opinioni e se saranno sensate, gli astanti potranno alzare gli occhi al pulpito e applaudire. Solo allora. 

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Stai cercando le parole per esprimere ciò in cui la tua vita sembra essersi trasformata? Pensi spesso all’ingiustizia vero? Le cose dovrebbero essere diverse, questo è certo.

Vuoi sapere perché le cose stanno così? Te lo dico.

Qualcuno ha invertito tutti i cartelli. Ora il cartello entrata è dove prima c’era il cartello uscita. Una volta si usciva dopo aver creato una vita degna, e all’uscita venivano accumulate tutte le creazioni. Creazioni di cui c’era consapevolezza. Creazioni per le quali c’era comprensione e capacità. Il cammino era iniziato nel modo corretto, dal nulla, e poco a poco la gente aveva imparato, sperimentato, acquisito, sempre più comprensione, sempre più conoscenza, sempre più abilità. All’uscita, alla fine del viaggio aveva depositato tutto quanto, consapevole che si trattava solo di cose e che la vita vera e degna era stata il viaggio e la loro scoperta, non le cose in sé.

Ora il cartello è stato invertito e tu inizi da dove invece si finiva. Ovviamente trovi tutto, ma non ne hai comprensione. Non sono le tue creazioni, le usi, le vuoi, ti lasci drogare da queste comodità per le quali non hai dovuto fare nulla. Ma non hai l’abilità per gestirle. Non hai la conoscenza per crearle. Ne diventi semplicemente schiavo.

Inizi con tutto a disposizione. Diritti prima dei doveri. Cose prima delle creazioni. Regole prima della comprensione. Ogni passo verso ti porta verso l’inizio, ma tu pensi sia l’uscita, la vita. Il percorso è al contrario e ad ogni passo le cose si fanno più povere. Ad ogni passo le cose ti vengono tolte. Sei stato cullato, vestito, imboccato fin dall’inizio. Ora ti manca l’amore che non sai creare, ti manca la sicurezza che non sai garantire e la sopravvivenza diventa difficile in quanto non la sai produrre.

È tutto il contrario di tutto. Ami le cose, usi le persone.

Pensi che le tue emozioni dipendano da altri e credi di poter cavartela da solo.

Cerchi di ottenere il benessere e ti lamenti se nessuno si occupa di te, ma in un mondo dove ognuno cerca di ottenere le cose per se è ovvio che si rimanga soli.

Rivoltati come un calzino. Rifiuta ciò che sembra essere stato creato per te, e impugna il tuo diritto a creare, imparare. Smettila di sfruttare le comodità. Esci dal torpore. Smettila di correre e di seguire le regole, non ti accorgi che non ti rimane nulla se non l’amaro in bocca? Smetti di adorare le cose, inizia a prenderti cura delle persone. Coltiva il giardino e avrai una cammino fantastico, bello in ogni stagione.

Più comprendi questo concetto e più rallenti. Inizi a vedere l’assurdità delle regole di questa società al contrario. più comprendi e meno senti il bisogno di ubbidire. Rallenti il passo, non devi più correre, l’affanno ti abbandona. Il mondo attorno a te si muove, ma ora tu lo vedi. Prima sembrava normale. Prima eri in movimento anche tu, nella direzione sbagliata, ora lo sai, lo senti. Più comprendi e più osservi. Rallenti e godi dei colori, ti fermi e godi dei suoni. Osservando puoi imparare. Se non ti fermi non puoi osservare, se non osservi non puoi imparare, se non impari non puoi capire e se non capisci ti senti frustrato. Ecco cosa non va.

Disobbedisci alle regole di questa società al contrario nella quale sei un ingranaggio e nulla più. Rinuncia volontariamente a ciò che sembra vantaggiosi. Scoprirai ciò che conta e sorriderai di quanto eri stupido. Solo allora capirai e ti verrà voglia di prendere il primo che passa, pensieroso e tutto intento a seguire il cammino al contrario. Ti verrà voglia di fermarlo e guardandolo negli occhi con affetto dirgli, “rivoltati stupido calzino” !!

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BISOGNI

Per fortuna sono una persona semplice. Mi vanto di essere ignorante. Non stupido, ma ignorante. Conosco talmente poche cose da usare nel tentativo di rispondere alle domande che mi pongo che ogni esempio risulta infantile. Per fortuna risulta infantile. Chiaro, ebbro da fronzoli, inutili ramificazioni contorte.

Quando mi chiedo quali siano i miei veri bisogni, mi vedo guidare una Bentley con la mia compagna in fianco. Se tolgo la mia compagna, mi sento solo e la Bentley non mi interessa più. Allora cambio la scena e mi vedo vestito di lusso, con le tasche gonfie di soldi mentre aspetto un amico. Mi piace, ma se non arriva l’amico tutta la magia finisce. Allora cambio di nuovo la scena e mi vedo viaggiare, con la compagna, mio figlio e gli amici, mentre attraverso posti dove la gente chiede la carità, posti dove il disagio è la normalità. Nemmeno la compagna, il figlio e gli amici riuscirebbero a rendermi allegro.

È così che capisco quali sono i miei bisogni. Dopo può esserci anche tutto il resto. Il superfluo, che per quanto superfluo è comunque bello e in quanto estetico è desiderabile.

Per fortuna sono solo ignorante, non stupido.

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Dimmi cosa vedi, disse, mentre erano entrambi in piedi al bordo di una piatta distesa arida. Cosa vedo? A parte il nulla? … Non c’è niente qui, rispose l’altro.

Niente dici …. E ora?

Ora piove e si sta formando un lago.

Bene, piove e si sta formando un lago, e ora?

Ora ha smesso di piovere, il lago evapora e non è rimasto nulla.

Nulla dici ….. e ora?

Ora nevica e si sta formando un pupazzo.

Bene, in effetti nevica e li c’è un pupazzo …. E ora?

Ora ha smesso, la neve si scioglie, è tornato il lago ed evapora, non è rimasto niente.

Niente dici.

Delle due l’una, o le cose si creano dal niente, oppure il niente è la definizione sbagliata che si dà a qualcosa. La pioggia, il lago, la neve, il pupazzo, sono nomi che diamo alle forme. Sono forme diverse della stessa energia. Energia che è sempre presente. Energia che non scompare mai, ma che cambia forma.

La forma che hai ora, che chiami corpo, non cesserà mai di esistere, non diverrà mai “niente”. Però cesserà di esistere quella particolare forma. La stessa cosa vale per la consapevolezza. Ora tu sei consapevole delle esperienze che hai fatto con quella forma. Un giorno quella forma muterà e anche la tua consapevolezza muterà. Avrai una nuova consapevolezza. Questo fatto non cesserà mai.

Nessuno è preoccupato dal cambiamento di una forma. Tu non ti preoccupi se cambi il vestito, oppure se cambi l’automobile. Non ti preoccupi perché puoi avere la consapevolezza del vestito precedente e al tempo stesso la consapevolezza del vestito attuale. La consapevolezza della macchina precedente e al tempo stesso la consapevolezza della macchina attuale. Vestiti che s’indossano in modo diverso e che permettono movimenti diversi. Automobili che si guidano in modo diverso e che permettono esperienze diverse. Ma tu non sperimenti turbamento perché sei consapevole di essere consapevole. Sei consapevole di aver avuto forme diverse a disposizione e consapevolezze diverse.

Ciò che erroneamente chiami morte, non è la trasformazione di una forma in “niente”. Quella come vedi è una situazione che non accade. Invece la consapevolezza di essere consapevoli …… quella se manca …. si che spaventa. Spaventa perché dà l’illusione del niente.

Così stanno le cose mio caro. Ti stai preoccupando per una cosa che non può accadere nel modo in cui pensi, mentre sta accadendo proprio ora senza che tu te ne accorga e te ne preoccupi.

È curioso non trovi? Essere morti mentre si pensa di essere vivi e ci si preoccupa del fatto che un giorno si dovrà morire in un modo che non può neppure accadere.

Sotto un sole cocente, al bordo di una piatta distesa arida, sorrise e disse:

Bene, che dici, ci facciamo una nuotata o preferisci una battaglia a palle di neve?

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