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Archive for the ‘filosofiamo’ Category

parcoAnche la curiosità dello scoiattolo si era placata ormai. Quella cosa inaspettata che all’inizio lo aveva messo a disagio e alla quale aveva girato attorno incuriosito non si muoveva, però era viva.

Meditare è un piacere per il quale, da qualche tempo, si era ricavato uno spazio irrinunciabile. Quel giorno lo stava facendo sulla panchina del parco, nell’ora in cui il mondo indaffarato correva attorno, lasciando il parco vuoto, per un breve momento, prima di sfruttarlo per sfogare le proprie tensioni, con la corsa, le passeggiate, i giochi mentre il brusio, come il rumore delle onde sulla spiaggia, marcava il sottofondo. Ad occhi chiusi sentiva lo scoiattolo avvicinarsi. Il ticchettio delle zampette sulla corteccia dell’albero, il ghiaino scricchiolante sotto l’esile peso, e sorrise. Oggi aveva uno spettatore.

Meditare, fermarsi completamente, non era mai stata una cosa difficile tranne che per i sensi di colpa. Fin dall’infanzia chiunque avesse conosciuto, a partire dalle persone più care, famigliari inclusi, gli avevano insegnato che fermarsi significava perdere tempo, lasciare il lavoro agli altri, venir meno ai propri doveri. Insomma, fermarsi non era una bella cosa, men che meno fermarsi mentre tutti gli altri correvano. L’unico diritto a fermarsi era il ristoro dopo una intensa giornata lavorativa e serviva a far riposare il corpo, non certo la mente. E ogni tanto quegli echi si ripresentavano facendolo sentire a disagio, quasi sbagliato. Ma duravano poco. Distolse l’attenzione dallo scoiattolo che a sua volta la distolse da lui tornando a curiosare altrove. Nessun punto di riferimento sul quale focalizzare il pensiero e quindi pensiero espanso come una sfera tutto attorno all’infinito. Ora percepiva tutto contemporaneamente e allo stesso tempo nulla era più importante del resto. Fermo fuori e statico dentro mentre il mondo vibrava di vita. La prima volta che percepì l’ostacolo, diversi anni prima, gli sembrò come una porta senza serratura, chiusa e inviolabile, nera come tutto il resto dell’immagine senza dettagli. Passò del tempo prima che scoprisse cosa apriva quella porta, trasformando il nero in immagini. Non esistevano parole magiche o formule. La porta era chiusa da un fattore e solo l’opposto di quel fattore la poteva aprire. La responsabilità.

Scoprì che il forte desiderio di chiudere il proprio passato dietro di sé, l’intenso desiderio di non assumersene mai e per nessun motivo la paternità, creava quello schermo nero. Scoprì anche che l’unica cosa che veniva tolta era la consapevolezza, non certo l’influenza che le proprie azioni riuscivano comunque a mantenere. Dubbi, sensazioni, paure, idee bizzarre e istinti improvvisi, tutto proveniva da oltre la nera cortina. Ciò che era stato continuava ad essere e lo sarebbe stato per sempre fino a quando non lo avesse messo a posto e per metterlo a posto bisognava comprenderlo e vederlo, e per vederlo si doveva accettarne la paternità, anche questo scoprì. Imparò anche a distinguere fra immaginazione e ricordo. All’inizio la somiglianza lo aveva ingannato, ma nessuna cosa immaginata porta con sé problemi e soluzioni, così quando analizzata non provoca ne disagio ne sollievo e si trasforma in una bolla si sapone. Imparò quindi a ricordare, a rivivere, a sapere che ciò che percepiva era vero perché vero lo era stato, da qualche parte, in qualche tempo.

Vide un corpo a terra, sanguinante, la schiena squarciata da una lama, e seppe che era lui. Vide un ragazzo brandire una spada e gridare a squarciagola contro gli aggressori, che soddisfatti si stavano ritirando. Sentì le suppliche e le preghiere e vide le lacrime. Poi arrivò la maledizione, come un tuono. Il giovane scudiero aveva promesso sul suo dio di vendicare l’uccisione del suo padrone. Avrebbe ucciso il nemico, adoratore di un dio diverso e a suo dire crudele. Nell’immagine successiva lo rivide, più vecchio, il volto trasformato in un ghigno mentre calava la spada. Il braccio che impugnava lo scudo piccolo e rotondo si staccò e seppe che era il suo, alzò lo sguardo in tempo per imprimere l’immagine di quella furia e sentire la voce carica di rabbia gridare vendetta per l’assassinio dell’antico padrone e amico, la lama scese per l’ultima volta. Fermo sulla panchina, lo scoiattolo ormai distante, sorrise, il volto illuminato da una luce interiore, più intensa di quella solare. Un motivo in più per amare il suo prossimo. Una certezza in più per aiutarlo a ritrovare se stesso. Ucciso da chi lo aveva amato, per vendicarne la morte. Vissuto sotto una bandiera prima e sotto un altra poi.

Lui lo sapeva, ognuno tornava e il bambino di cui non conosceva il nome, che fra breve avrebbe calciato il pallone nel parco, avrebbe tranquillamente potuto essere sua madre di cui i più ricordavano il volto e di cui lui sentiva l’essenza. Quanto rispetto e amore ogni persona avrebbe per il prossimo, nel dubbio che si trattasse della persona amata? Di colui che un giorno sarà il proprio genitore o il proprio figlio? Quanti vessilli e confini cadrebbero sommersi dalla loro inutilità se ogni persona fosse cosciente che la vita è vita ad di la delle sue mutevoli forme?

Riaprì gli occhi e il parco gli sorrise. Si alzò e si incamminò lungo il viale in ombra, le prime mamme stavano arrivando. Passò davanti a un passeggino e fatti alcuni passi si fermò girandosi per osservare quel batuffolo che dormiva beato, poi guardò la madre che indaffarata con il cellulare non si accorse di nulla. Forse un giorno i ruoli si sarebbero invertiti. Aveva la tentazione di dire a quella mamma indaffarata “trattalo bene, altrimenti ti negherà tutto quello che gli negherai, anche se non saprà perché, se gli fai del male ti cercherà anche se non saprà chi sta cercando ne per quale motivo, se gli imponi il tuo volere odierà le tue parole, la tua voce e ciò che gli assomiglia. Certamente giustificherà i suoi gusti e le sue opinioni in qualche modo, ignaro quanto te che non sono sue. Trattalo bene e aiutalo a scoprire quanto può di se stesso”. Ma si astenne e continuò la passeggiata. Concetto complicato la consapevolezza.

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IN IRAE VERITAS

Schermata 2014-02-07 alle 12.37.38Per sapere quale sia il pensiero alla base del ragionamento di chiunque, e con ciò intendo il vero pensiero, basta fare incazzare la persona fino all’esasperazione. L’esasperazione può più del vino a volte, e comunque si addice ai salotti televisivi molto meglio degli alcolizzati. Ieri sera, a Servizio Pubblico, nella puntata dal titolo “la ghigliottina” (giovedì 6 febbraio 2014) il vignettista Vauro è esploso come una pentola a pressione, istigato senza volerlo da un Briatore che ha fatto la parte del gigante – ed è tutto dire – rispetto ai politici e giornalisti presenti, Travaglio e Dragoni esclusi in quanto una volta in più hanno dimostrato l’abisso che li separa da resto della truppa. Ma tornando a noi, l’esplosione di Vauro e la risposta perentoria di Briatore sono l’emblema dell’idea distruttiva alla base del ragionamento, secondo me dei più, e sono le loro due affermazioni che vorrei analizzare: Vauro si scaglia contro i “miliardari”, quelli che hanno la barca, quelli che hanno i soldi e ne hanno tantissimi. Briatore risponde che è ricco, come logica conseguenza, perché crea posti di lavoro. Due affermazioni allucinanti, una peggio dell’altra, vediamo il perché.

Secondo la prima affermazione ci dovrebbe essere un appiattimento in merito a ciò che una persona può o non può avere e una condanna preventiva in merito a coloro che hanno molto, poco importa che quel molto sia frutto di prodotti e servizi richiesti e non di una gestione puramente speculativa. Quindi facciamo di tutta un erba un fascio e mettiamo nello stesso calderone il comico che riempie i palazzetti da 20 anni, assieme a  coloro che fanno soldi con l’evasione, lo sfruttamento di opera e manodopera altrui e la finanza creativa, la quale è assolutamente in grado di creare ricchezza dal nulla e trasformare ogni creazione in povertà assoluta. Mettiamo sullo stesso piano chi vende milioni di copie di un testo come la creatrice di Harry Potter o chi riceve una percentuale su un rimedio che guarisce una malattia (veramente e non per finta, magari creandone un altra) con chi, come il protagonista di “The Wolf of Wall Street” guadagna in un giorno ciò che un altro guadagna in setto o otto vite, cosciente che sta truffando chiunque. Se questo è il pensiero alla base del ragionamento, ha ragione chi sottolinea la presenza di “rancore” e io aggiungerei di “invidia mal celata”.

Purtroppo però la seconda affermazione che arriva in risposta è patetica quanto la prima. Creare posti di lavoro non è un merito fine a se stesso. I Casalesi in Campania ne hanno creati a bizzeffe e anche la famiglia Riva a Taranto. Ci sono operatori, medici, laboratori specialistici, infermieri, poliziotti, produttori di rilevatori ecologici, camionisti, scavatoristi, becchini e magistrati che trovano lavoro grazie a loro e al loro zelo nel creare costantemente situazioni che esigano “impiego” di manodopera. Quante persone dovranno lavorare adesso per mettere a posto tutto il casino che costoro hanno prodotto? Che dire, non se lo meritano un “cavallierato”?

Se queste sono le basi del pensiero “opposto” siamo condannati, a mio avviso, ad una fine orrenda. È giusto che chi ha dimostrato capacità pratiche e risultati tangibili possa essere preso ad esempio. È giusto che chi ha creato benessere per tanti possa, se desidera, ricevere un riconoscimento, e se a fronte di tanto riceve tanto, al punto da diventare ricco sfondato, benvenga la sua ricchezza. Benessere, non lavoro o denaro. Capacità pratiche e risultati tangibili, non titoli altisonanti, eredità pesanti o speculazioni e ricchezze dovute ad abilità altrui. Smettiamola di pensare con schemi assurdi, frasi fatte, ideologie retrograde e fallimentari. Sei capace ad insegnare a qualcuno come migliorare ciò che desidera migliorare senza per questo peggiorare la situazione di qualcun altro? Fallo e chiedi di essere remunerato nei termini che più desideri. Potresti volere denaro, potresti desiderare collaborazione, potresti volere altro. Se qualcuno è capace di farlo e diventa ricco a causa di ciò è forse da crocifiggere?

I Led Zeppelin crearono benessere emozionale per milioni di persone, divennero ricchi sfondati con la vendita di dischi e biglietti ai concerti. Crearono anche posti di lavoro, inavvertitamente, dato che la loro vera e principale creazione era la musica e la loro abilità fu creare musica senza tempo. Quindi erano ricchi ma non perché creassero posti di lavoro …… quindi non rientrano nelle categorie ….. che facciamo, buttiamo i dischi? No mio caro, non li buttiamo, ma impariamo e più di ogni altra cosa impariamo dalla loro scelta di sciogliere il gruppo alla morte di Bonzo. La loro amicizia, fiducia e piccola comunità veniva prima dell’interesse personale. Avrebbero fatto più soldi continuando e invece decisero che il rispetto e la creatività, i valori e l’onore venivano prima. Benedetti capelloni, non solo la vostra musica è senza tempo, ma anche il vostro esempio.

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I GOLLUM “DE NOANTRI”

gollumPensare bene di sé è puramente una questione di autostima di amor proprio, e l’autostima, se prima era considerata un fondamento per una vita degna, oggi è l’unico appiglio rimasto per non sprofondare nella tristezza infinita. Il sistema porta a credere di essere incapaci, inadatti e inefficaci. Ogni tentativo di modificare le cose rimbalza contro un muro di gomma, di intricate ragnatele burocratiche o peggio, rimbalza contro lo scudo e il manganello di chi ha giurato di difendere i diritti di tutti e si trova suo malgrado a difendere i diritti di pochi eletti che neanche a dirlo, non sono stati eletti da nessuno.

Però di autostima ci si può abbuffare fino all’indigestione. L’idea di essere capace, di essere una persona degna e affidabile senza per questo essere prevaricatore e al tempo stesso di essere pericoloso per chi cerca di distruggere questa personalissima sensazione è un tutt’uno per chi desidera conservare amor proprio, “ama il prossimo tuo come te stesso” diceva un vecchio adagio, molto più antico di quanto si supponga e vero in quanto tale, non certo perché citato da persone di indubbio valore.

Quindi questa sensazione è personale, si tratta di un credo individuale. Prima o poi qualcuno potrebbe anche pensare che non sia vero, che sia solo il frutto di una fantasia. Sarà poi vero che sono una bella persona? Che prove ho a sostegno di questo credo? Ecco, a chi come me, ogni tanto sorga il dubbio, rivelo tre fattori da osservare, e uno dei tre è fondamentale nella sua drammaticità, ma andiamo con ordine. Il primo fattore è che che la gente a stretto contatto con te sta bene, è felice, si sente bene. Magari non è sempre d’accordo con le tue idee, ma ama parlare con te, ti cerca. Si tratta in genere di poche persone che vicino a te non peggiorano e spesso trovano spunti per migliorarsi e migliorarti. Il secondo fattore è che ogni tanto, come una calamita, attiri o vieni attirato da persone splendide e ti verrebbe voglia di ringraziare l’intero universo per quell’incontro. Persone con cui ti sembra di parlare da sempre, con cui non hai mai attraversato una piazza anche se in loro compagnia ti sembra di aver circumnavigato il globo. Pochi incontri, rari e magici e in quelle occasioni senti di essere sulla strada giusta, poco importa se anche l’altro sta pensando la stessa cosa, poco importa se lui è approdato a te o tu sei approdato a lui. Il terzo fattore è che, se la tua autostima è evidente, molti si allontanano, quasi non sopportassero la tua presenza e a volte ti senti sbagliato per questo. Se non esistessero i primi due punti potresti pensare che veramente hanno ragione coloro che ti schivano e fra coloro che vorrebbero schivarti ci sono quelli che loro malgrado, per lavoro, per affari o per legami vari, sono costretti a rimanerti vicino. Non vorrebbero essere li con te, vorrebbero essere li e basta, ma non con te e qui accade il fatto drammatico, che se visto dal lato sbagliato potrebbe causarti qualche dubbio o turbamento. Costoro impazziscono, li vedrai soffiare come gatti furiosi, ti aggrediranno inondandoti ti schifezze, epiteti, accuse,  inizialmente velate e via via sempre più marcate. Si contorceranno come in preda a convulsioni, soprattutto se non reagisci. La tua calma, fondata sulla tua certezza di essere comunque una bella persona porterà la loro angoscia a livelli incredibili e faranno di tutto per vincerti, per portarti a credere che in fondo non è poi vero che sei come credi. Comportamento drammatico e patetico, ma comunque degno di nota. È quando vedi questa scena raccapricciante che sai quanto è importante l’amor proprio. Il fatto che stai bene li fa impazzire e al contempo fa star bene nei fatti coloro che ti sono vicini e a questo punto delle due l’una, o chi ti stima si sbaglia ed è incapace di valutare, o lo è chi ti attacca. Io non ho dubbi e quindi ogni volta che accade (raramente per fortuna) mi faccio i complimenti da solo. Questo è l’indizio migliore. Più costoro sbavano d’ira repressa più so che, pur con tutti i difetti e le lacune, sto camminando sul giusto sentiero. Dovrei ringraziarli di questa fondamentale indicazione, ma temo che li farei impazzire e quindi mi astengo. Gollum … Gollum !!

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ORIENTAMENTO

Schermata 2014-01-06 alle 12.13.47Sono preoccupato per il futuro …

  • Non dovresti, in questo momento non l’abbiamo un futuro.
  • Non ti sembra di essere un attimino negativo?
  • Non è questione di essere negativo, è questione di orientamento. Vedi, l’umanità e ogni singola persona è attiva e non può essere altrimenti, ognuno sta facendo qualcosa in qualche direzione e la direzione verso la quale l’umanità sta andando è l’autodistruzione. Se prendi a cannonate la tua automobile, la incendi e la riempi di immondizia il suo futuro è automaticamente segnato, che tu sia ottimista o meno, non credi?
  • Però se cambiamo orientamento, anche di poco, le cose saranno diverse !!
  • Vero, hai ragione, saranno diverse ma non necessariamente positive. Ti faccio un esempio, immagina che attorno ad ogni singola persona ci sia un cerchio con tanti spicchi di colore, e che ce ne sia uno anche attorno all’intera umanità presa nel suo insieme. Il cerchio è diviso a metà e una parte ha sfumature di colore scuro, mentre l’altra ha sfumature di colore chiaro. In questo momento noi abbiamo orientato le nostre attività proprio verso il punto centrale della metà più scura, il nero assoluto e una variazione di pochi gradi ci sposterebbe su un futuro meno nero, certamente, ma comunque sempre nella metà negativa del cerchio. Per avere qualche possibilità di miglioramento dovremmo come minimo avere un cambiamento di 91 gradi e a questo punto saremmo entrati di poco nella parte positiva, l’altra metà del cerchio.
  • Quindi mi stai dicendo che per avere il massimo dovremmo orientare le nostre attività a 180 gradi?
  • Esatto, dovremmo fare quasi l’opposto di ciò che stiamo facendo. Istruire invece di ammaestrare, creare invece di distruggere, amare invece di odiare, condividere invece di competere, aiutare invece di ostacolare e via di questo passo incluso il fatto di riciclare invece che inquinare. Insomma, esattamente il contrario o quasi.

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IL TRIANGOLO PERFETTO

Schermata 2013-12-23 alle 15.10.14Questo a mio avviso è il ciclo perfetto che deve servire come impostazione, non semplicemente teorica, ma bensì pratica e funzionale. Dato che la politica non è altro che l’applicazione di un pensiero o di una modalità particolare alla gestione e organizzazione di una comunità, di uno spazio o più in generale di un sistema, e che l’economia non è altro che l’attuazione dei principi politici derivati dalla linea filosofica, si ottiene che il risultato finale non possa essere che il manifestarsi in concreto della filosofia da cui tutto ha avuto inizio.

La mia filosofia dice che una persona, una comunità e di conseguenza l’intero paese, debbano poter vivere in salute, con i migliori servizi possibili, dedicando il tempo necessario a ciò che strettamente parlando “serve”, per avere tempo da dedicare a se stessi e alla comunità, all’apprendimento, al miglioramento e al benessere in generale.

Chiaramente la politica che ne deriva non può che orientarsi verso lo sviluppo di prodotti e sistemi il più naturale e il meno inquinante possibile. Verso la produzione di cibi e materiali il più naturali possibile. Verso l’impiego necessario ai fini di un ambiente migliore, mentre dedica energie al tempo libero, alla creatività, all’arte e tutto il resto.

L’economia che ne deriva di conseguenza vedrà la produzione di beni e servizi nel rispetto della linea politica intrapresa e della filosofia sulla quale poggia e il risultato sarò la trasposizione della filosofia dalla teoria alla pratica.

Altrettanto ovvio è osservare la situazione attuale e chiedersi “qual’è la filosofia alla base”? Inquinamento e disservizi, uso della forza e della pressione accompagnato da un abbandono della creatività. Aspetta un attimo, a me sembra che la filosofia alla base, di conseguenza, al di la di eventuali negazioni verbali, nei fatti suoni così “la filosofia che adottiamo è quella dello sfruttamento totale. Non abbiamo interesse a mantenere, sviluppare o utilizzare l’ambiente e le sue risorse in nessun altro modo”. E per quanto chiunque a parole possa sostenere il contrario, nei fatti questi sono i risultati.

Chiunque segue una filosofia, anche se non lo sa, ma le sue azioni trasformeranno quelle idee in fatti tangibili e allora al di la di ciò che predica si vedrà chiaramente ciò che ottiene. Che lo voglia o no non è importante, ma solo un elemento che peggiora la sua situazione in quanto una persona che dica di volere una cosa e sistematicamente ne ottenga un altra, dei due, o è falsa o è scema.

Quindi, sia per il singolo individuo, che per un azienda e a maggior ragione per una nazione, il mio consiglio è “scrivi la filosofia che guiderà le tue azioni, scrivi ciò che vorrai realizzare, poi sviluppa delle linee guida che rendano fattibile quel proposito e alla fine delle azioni capillari che attuino le linee guida in ogni contesto. Ciò che avrai alla fine sarà il tuo sogno materializzato, e non potrà mai essere un inferno.

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NUTRO UN SOSPETTO

dubbioNon ricordo se fosse il gobbo di Notre Dame ma ricordo che fu un gobbo a dire “a pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”. Ebbene, nutro un dubbio che si avvicina parecchio al pensar male e tale dubbio è supportato da fatti che, pur potendo aver diverse letture, hanno in questo caso una lettura nefasta.

Penso a quanto è stato fatto negli anni, fin dalla fine dell’ottocento, per unire saldamente gli stati d’Europa nell’europa e non credo che tanto lavoro possa essere buttato facilmente alle ortiche da coloro che perseguono tale disegno a mio avviso inutile se non per speculare, se non come passaggio necessario verso l’annullamento di ogni nazione e il ricongiungimento in un unico globale dominio.

Oggi è sotto gli occhi di tutti coloro che conoscono l’aritmetica di base e sanno fare addizioni e sottrazioni e sono anche minimamente al corrente delle regole finanziarie, politiche ed economiche che l’europa ha strutturato, che tale progetto nella sua forma attuale è morto. Ciò che è stato impostato fino a questo momento è impossibile da portare oltre e potrebbe generare l’europa solo a patto che l’Europa stessa diventasse un Regno, con un Re, con sudditi schiacciati come mosche e impoveriti ai livelli medioevali. Propri i tempi che vengono sventolati come spauracchio da coloro che ancora forzano il progetto.

Focolai di protesta si accendono ovunque, in ogni nazione, anche se i media non ne parlano. Fazioni politiche, intere fasce di professionisti di un determinato settore o solo e semplicemente persone legate da un destino simile e brutale. Sembra che la situazione sia sfuggita di mano, sembra che non stia transitando nelle vite di ognuno in modo difficile ma accettabile quanto piuttosto in modo doloroso e impossibile da sostenere.

L’aiuto che l’europa sembrava voler dare è passato dall’essere la soluzione ad essere il primo e principale problema ed è qui che noto segni di svolta, da alcune settimane, non di più.

Sono meno di due mesi che la protesta viene esasperata attraverso provvedimenti che sembrano fatti apposta per portare alla reazione anche i santi da un lato, mentre le proteste trovano più permissività di prima dall’altro. Volendo pensar male direi che si desidera infiammare gli animi, creando un incontrollata situazione di confusione e distruzione tale che sarà impossibile non chiedere aiuto ….. a coloro che, unici, hanno i mezzi, il potere, le reti, per riportare la situazione quantomeno ad un livello accettabile, non rispetto a ieri, non rispetto ad oggi, ma rispetto al caos che si manifesterà.

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spiraleImmagina una spirale composta da cerchi sempre più piccoli man mano che la spirale stessa si assottiglia. Immagina che l’intera spirale sia l’esistenza di una civiltà, di una razza, di un intero pianeta. Ora immagina che i cerchi siano cicli che quella civiltà, quella razza o quel pianeta compie. Sempre più brevi, sempre più veloci. Ora smetti di immaginare e apri un libro di storia, per quanto i fatti siano falsificati le date sono più o meno giuste, prendine nota. Ora guarda agli eventi economici, alle mode, e a tutto ciò che attira la tua attenzione, prendi nota delle date e degli effetti che all’inizio potevano anche essere “teorie” ma che poi si sono rivelate “drammatiche realtà”. Non noti nulla? Li vedi i cicli sempre più veloci? la vedi la spirale che si assottiglia?

Ti faccio un esempio: dice uno storico che se avessero ibernato un abitante della prima dinastia egizia e l’avessero scongelato all’ultima, si e no si sarebbe accorto della differenza tanto lo stile e le regole erano simili. Io aggiungo che se avessero ibernato una persona di 20 anni nel 1960 e l’avesse scongelata 40 anni dopo si e no sarebbe riuscita a ordinare un caffè al bar.

Le “cose” vanno sempre più veloci, cambiano repentinamente, la situazione continua a peggiorare, sia da un punto di vista ecologico e ambientale sia da un punto di vista di “felicità”, conoscenza, capacità e possibilità dei singoli.

La spirale però non è una regola universale, quanto piuttosto uno sgretolamento della comprensione individuale, dell’etica innata che causa un autodistruzione inarrestabile fino a che singolarmente e globalmente non si sviluppi una maggiore comprensione. Solo allora la spirale si blocca per poi invertirsi.

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proximoIo sono Proximo e per i pochi giorni che seguiranno, gli ultimi della vostra miserabile vita, io vi starò più vicino di quella puttana che vi ha messo al mondo urlando; non ho pagato per godere della vostra compagnia, ho pagato per trarre profitto dalla vostra morte, e come vostra madre era con voi al principio, io sarò con voi alla fine… e quando morirete, perché voi morirete, il vostro trapasso avverrà con questo suono: [Clap Clap Clap]

Nel film “il gladiatore” è questo il discorso di benvenuto che il “reclutatore” riserva ai nuovi arrivi. Ebbene, per quanto pittoresco non è poi lontano dalla realtà, anzi, tutt’altro. Sono molti i Proximo che da sempre lavorano, organizzando scontri, a volte battaglie e guerre, ogni tanto sommosse. Non reclutano per godere della compagnia, ma per trarre profitto dall’impegno e dalla sofferenza che una volta nell’arena saremo costretti a mettere in campo, combattendo per il diritto di vivere contro altri che non conosciamo, che non ci hanno mai fatto nulla di male, che non vorrebbero farne e che sono schiavi del loro Proximo quanto noi del nostro. Non combattiamo per il diritto di vivere bene, ma solo di vivere. I Proximo faranno conoscere al pubblico gli “eroi” caduti per “difendere i propri diritti” e strapperanno applausi. Il pubblico grato, una generica massa di persone che non si conoscono l’un l’altro, non si accorge che ora nell’arena c’è il vicino dello spettacolo prima. Crede estasiato di essere al sicuro, finché un giorno non lontano le urla di giubilo gli arriveranno dall’alto e non dal fianco. Alzando la testa vedrà giovani leve, figli dei figli che applaudono. Abbassando lo sguardo vedrà l’avversario che avversario non è se non per volere di Proximo e del pubblico stesso.

Ama il tuo Proximo come te stesso perché è lui che decide la tua sorte, lui che stabilisce quando finiranno i tuoi cento giorni da pecora e avrà inizio il tuo giorno da leone.

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GIROTONDO INUTILE

pinocchioLo ripeterò finché ho fiato, la creazione tutta umana chiamata FINANZA con le sue regole e attività DEVE ESSERE ESTIRPATA ed è inutile girarci attorno. Se una persona non è in grado di creare un prodotto utile, duraturo e richiesto, che vada a zappare l’orto, si pianti l’insalata e si mangi quella. Non si può continuare a violare la natura delle cose e sperare che in un modo o nell’altro le cose funzionino. Non si possono fare soldi con i soldi e se ciò avviene significa che vengono rubati a qualcuno, punto. Tutto ciò che è finanza deve scomparire e fino a quando non avverrà sarà un girotondo attorno al cancro. Civiltà intere si sono susseguite senza questo flagello e nessuna ha avuto difficoltà in sua assenza. La finanza crea ricchezza per pochi senza dare nulla in cambio ma ruba letteralmente ciò che i molti producono. Non si può fare denaro con il denaro e fino a che questa semplice osservazione non verrà capita continueremo a girare attorno al problema, inutilmente.

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venghino

 A quale povertà ci si deve riferire per valutare e misurare la situazione che stiamo vivendo? Alla povertà di beni e mezzi?

Stando alle statistiche solo in Italia ci sono parecchie persone che non riescono a mettere in tavola un pasto decente, figuriamoci a saldare mensilmente i debiti accesi con i vari mutui o pagamenti dilazionati. Indubbiamente questa è povertà, ma non è dovuta alla mancanza di beni o mezzi. I beni ci sono, i mezzi anche, ma sono tutti ammucchiati nelle mani di pochi che fanno i loro interessi senza curarsi di altro.

Se le cose stanno così allora perché la gente non si ribella coalizzandosi, aggregandosi e sviluppando nuove regole che distribuiscano i beni e rendano operativi i mezzi?

Probabilmente perché la vera soglia di povertà è un’altra e non riguarda i beni, non ha nulla a che fare con i mezzi. Parlo di povertà di valori, di povertà di ideali. Povertà di senso della comunità, di aiuto, di interesse per l’altro.

Ognuno cerca di salvare se stesso nella nave che affonda senza prendere mai in considerazione l’idea di unire le forze, senza mai valutare il fatto che da solo non si salverà a meno che non riesca a fare un balzo, tanto improbabile quanto rarissimo, aggrappandosi al bordo del panfilo di quelli che hanno scommesso sui tempi e modi dell’affondamento. Il biglietto fortunato è un gratta e vinci.

Poveri. Siamo poveri, molto poveri. Poveri nella misura in cui cerchiamo di fare un altro respiro affogando il vicino in questo bailamme di braccia che schiaffeggiano l’acqua in modo frenetico. Poveri nella misura in cui nulla ha più valore dell’effimero e ciò che vale veramente è buttato nella pattumiera. Poveri, con o senza soldi, con o senza casa, con o senza cibo in tavola. Comunque poveri. Poveri dentro per quel vuoto arido prodotto dai veleni propinati ogni giorno, da molti anni ormai, come elisir di lunga e intensa vita.

Venghino siori venghino, non siam qui per vendere bensì per regalare. Regaliamo sogni irraggiungibili e inutili, pietruzze colorate a cui daremo immenso valore e in cambio chiediamo solo l’oblio. Dimenticate le pallose e ammuffite parole che i vostri avi vi hanno insegnato. Vedete dove sono? Vermi han preso il loro posto e ora son morti, senza godere, senza gioire. Venghino siori qui ci si diverte. Certo sarete poveri, divisi e incapaci di formulare una soluzione. Ma che bisogno avete? La soluzione è qui in cambio dell’oblio.

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