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Archive for the ‘arte musica e dintorni’ Category

Fra tutti i miei quadri, questo è indubbiamente il più simbolico, una speranza. Gli occhi sono i miei, anche la speranza e il viaggio lo sono. All’epoca, circa 1986, sapevo solo che sarebbe iniziato in modo tortuoso ma che al tempo stesso si sarebbe sviluppato nel passato, in forme antiche e colori pastello, come erano i colori una volta. Sapevo che prima o poi sarebbe finito con la scoperta di come l’essenza solitaria e comunque collegata a tutto, poteva essere libertà invece che tristezza. La cosa che non sapevo era che esistono diversi quadri, ognuno con una rampa da fare e una scoperta da accettare. Gli altri quadri non li ho dipinti, mi sono limitato a viverli, non tutti ovviamente … il cammino prosegue.

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MAGIA

Per una volta il disegno originale (perso chi dove) ispira il quadro. Nasce tratto dopo tratto, casualmente e si trasforma in una pianta antica, viva e intrisa di magico potere forte al punto da scacciare la tempesta in un atto di sfida imperiosa. Circa 1990.

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L’immagine riflessa in uno specchio è stata sufficiente per ispirare l’immancabile autoritratto. Ho scelto di sostituire colori e forme ai lineamenti come espressione di un vedere e sentire più profondo di quello apparente. Anno 1987.

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Al concerto di Novellara, mi sono spinto sotto il palco per fare scatti della mitica cantante dei Dead Can Dance, Lisa Gerrard. La mia Richo RF 500 ha fatto un buon lavoro e da uno scatto ecco arrivare il quadro, datato 1988 circa. Finito il quadro, mi è parso naturale disegnare un serpente sulla spalle di Lisa. Non potevo certo sapere e certamente non sapevo che l’anno stesso, in Ottobre, sarebbe uscito il nuovo album del gruppo dal titolo THE SERPENT’S EGG.

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Ci sono immagini che affiorano, sta a me decidere se si tratti di fantasia o riminiscenze. Le une dalle altre si riconoscono non tanto dai colori, quanto dall’emozione che le accompagna. Portano un profumo che sa di speranza. La speranza che qui e ora non sia ne l’inizio ne la fine. Che ci sia un prima a cui si può tornare dopo. Questo quadro è uno dei primi e lo si nota fra le altre cose per la firma non ancora stilizzata. La firma segue i periodi nei quali ho dipinto e ne caratterizza la data. Circa 1986.

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DIO LO VUOLE

in nome di Dio sono stati commessi alcuni tra i più atroci crimini e tutt’oggi vengono commessi in ogni parte del mondo. L’ignoranza e il fanatismo aiutano chi desidera utilizzare questa leva. Questo quadro l’ho realizzato nel 1992 in un raptus durato, come sempre pochissimi minuti, giusto il tempo di agguantare una tela, aprire i colori e iniziare a tracciare, al volo, di getto. Talmente di getto che il soggetto risulta scentrato e per me, amante delle proporzioni e delle simmetrie, non  è per nulla normale 😉

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Gli affetti, si sa, non hanno molto a che fare con la logica. Per questo, un paesino di 3.000 anime, senza nulla da offrire se non un tasso di umidità allucinante, zanzare a non finire e nebbie da non trovare nemmeno la bicicletta in piazza, è pur sempre la culla dei miei affetti. Li sono vissuto, in quelle strade ho corso e mi sono nascosto in giochi diversi. In quei fossati ho fatto il bagno (quando ancora si poteva). In quel luogo ho incontrato le persone con cui mi sento a casa anche se le vedo raramente.

Ma quel paesino non è solo un groviglio di zanzare annebbiate. Quel paesino è stato simbolo più volte di fatti che, sconosciuti ai più, lo hanno fatto registrare negli annali ammuffiti dell’epoca e lo hanno trasformato in una sorta di Eldorado leggendaria di cui nessuno ha più memoria.

Tanto per gradire, Acquanegra è forte Romano di frontiera nella Gallia Cisalpina prima di Cesare. E’ agli Acquanegresi dell’epoca, che viene affidato il compito di vigilare e difendere quella parte di confine. Bedriaco, dove si svolgono le due battaglie del 64 ac. Quella fra gli eserciti di Vitelio e Otone e quella fra Vitelio e Vespasiano è a meno di 4 km.

Sul tempio Romano, nel medioevo si costruisce la Chiesa di S. Tommaso, e nuovamente gli Acquanegresi danno prova di grande autonomia, affrescando l’interno della chiesa con una selva di Santi di cui nessuno del nuovo testamento!! Fatto questo che, alla scoperta casuale degli affreschi, catapulta Acquanegra ai vertici dell’interesse storico pittorico religioso in quanto è l’unica testimonianza che si conosca.

Gli Acquanegresi svolgono nuovamente il loro dovere di “difensori” dei diritti, quando ultimo paese prima del confine della Serenissima (Asola era l’ultimo paese Veneziano) cercano di impedire la deviazione del fiume Chiese. La lotta dura parecchi anni e alla fine Acquanegra riesce a imporsi e conquistare la Chiusa, fazzoletto di terra Acquanegrese in territorio Asolano, ma che contiene appunto la saracinesca che permette alle acque di defluire nel territorio. Una sorta di San Marino, strappata a suo di ceffoni, sfide e legnate.

Facendo un balzo all’inizio del secolo, Acquanegra è ricordata negli annali come “rifugio di anticonformisti”. Qui infatti venivano accolti e difesi sia letterati che anticonformisti in genere, musicisti, poeti. Nessun nome di spicco come D’Annunzio, (anche se si annovera fra i cittadini Acquanegresi un tale Bosio, in ogni dove stimato e ritenuto fra le più limpide voci di racconti rurali. Aimè  pure di questo novello Virgilio del XX secolo si son persi i ricordi nella sua culla natia), ma comunque sufficienti per portare Acquanegra ad essere il centro del divertimento e della libertà. Nel 1911 il paese conta un numero impressionante di osterie e in tutte si balla e si canta. Acquanegra è una dei primi paesi ad avere le strade asfaltate, la corrente elettrica, una falegnameria in grande stile. Il benessere è respirabile in quanto gli Acquanegresi difendono il loro diritto al benessere e lo fanno a muso duro.

Negli anni 50 è centro dei diritti del polopo, con assemblee di piazza e quello è il canto del cigno. Da allora un lento decadimento scende come una coltre nebbiosa sulla gente del paese. Nebbia questa che invece di offuscare la strada, offusca le menti. Si perde il ricordo, le origini, la verve e a poco a poco tutto si assopisce e si trasforma. Rimangono i confini, i fiumi, le case, le strade, ma quello è tutto quello che rimane. Solo il fato farebbe approdare una persona in tale paese oggi. La nascita o il caso, null’altro. Acquanegra oggi non è in grado di offrire un valido motivo per il ritorno di chi come me e tanti altri se n’è andato.

Oggi il popolo Acquanegrese depone le armi, permettendo, contro il proprio volere, una spesa folle (300.000€) per il rifacimento inutile della piazza principale, per la costruzione inutile di una fontana che, in qualità di monumento era già presente e già in passato spostata sotto il parco, quando ci sarebbero mille altre necessità funzionali, in un momento economico in cui solo l’idea di fare un abbonamento a Sky merita riflessione e calcoli in quanto incide in modo sostanziale. Un paese che non è in grado di opporsi al volere di una sola persona o di poche e che pagherà per un NON servizio. Lo farà in silenzio a capo chino, mentre nella nebbia i fantasmi di chi lottò per il miglioramento e l’emancipazione del paese e di tutti, si chiederanno “a che pro donai la mia vita”. Acquanegra depone le armi senza che vi sia un nemico, se non nell’anima, se non nella mancanza di amor proprio e nessun nemico è più letale.

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Dedico questo stralcio fantastico alla mia amata città natale. Possiedo una raccolta di poesie mantovane del 1955 e non riesco mai a trattenere le lacrime leggendone alcune, ma quella che propongo qui, con tanto di traduzione (quanto mai inadatta), è la poesia che mi ha sempre fatto ridere fin da quando, bambino, ho iniziato a leggere in dialetto. Opera di Gino Giovannini classe 1907 nato a Roverbella.

L’ASINO E IL CAVALLO

Impensierito da ciò che si vede in giro

dice il cavallo all’asino: Ti sei accorto?

Alle nostre razze tocca scomparire;

inventan troppe macchine che vann forte.

 

Ah! Siam troppo lenti, non c’è nulla da dire!

Non ci cercano più, nemmeno per andar nell’orto;

chi vuoi ormai ci possa compatire

asini o cavalli, nemmeno per i carri da morto!

 

L’asino risponde: non son del tuo pensiero

Per voi si, non ve lo nascondo

si fa una cosa seria, un dispiacere.

 

Ma per noi no! Lo dico chiaro e tondo

Inventin quel che vogliono son del parere

che ci saranno sempre asini a questo mondo.

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Mai avuto dubbi sul simbolo da mettere. Dovevo solo trovare una forma che mi piacesse e un tatuatore bravo. Entrambi trovati a Jesolo e quindi ecco li un Drago, simbolo ancestrale di saggezza e forza al servizio della vita e dell’armonia. Quella è la strada che mi piace percorrere.

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corvus corax

Questo, per gli amanti del genere epico medievale da battaglia è un gruppo da non mancare. Dal vivo sono abbastanza feroci, ma riescono tranquillamente a creare coreografie toccanti. Gli strumenti sono ciò che di più medioevale si possa immaginare. 

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